Cosa ha fatto Calcutta per “meritarsi” tutti questi haters?

Cosa ha fatto Calcutta per “meritarsi” tutti questi haters?

3000 1997 jacopoperuzzo

Calcutta è il fenomeno dell’anno e su questo non ci piove. Anzi, azzardo qualcosina in più: secondo me, più che un fenomeno, Calcutta è un nome che ha fatto il suo ingresso trionfale nel panorama italiano e difficilmente ne uscirà. Sarà il tempo a darmi ragione (o torto), ma a prescindere da quello che sarà il futuro del cantautore amato da decine di migliaia di fan, c’è una domanda che non mi lascia dormire in santa pace: Che ha fatto di così tremendo Calcutta a tutti i suoi haters? È dal 21 luglio che me lo chiedo, perché fino ad allora lo scontro tra fan agguerriti e haters convinti non si era mai fatto sentire così tanto. Certo, c’è sempre stato, come accade per ogni artista, credo, ma lasciava il tempo che trovava. Poi il 21 luglio Calcutta, al secolo Edoardo Derme, ha fatto qualcosa di davvero incredibile. E lo dico da “non-fan”, visto che ascolto tutt’altro: il cantautore indie (per qualcuno icona pop) è tornato a casa sua, a Latina, e ha riempito lo stadio Francioni, portando 20mila persone sotto il palco installato nel centro storico. L’intera città e persino il Comune hanno fatto di tutto per cogliere la palla al balzo, per rendere la serata indimenticabile e per creare l’evento più grande degli ultimi 10 anni. Per capirci: neanche per Vasco Rossi e Tiziano Ferro, sempre allo stadio Francioni, era stato mobilitato un simile esercito. E mentre da casa mia, a due passi dal campo sportivo, sentivo la gente urlare come se non ci fosse un domani, su Facebook era una pioggia di insulti. E la domanda l’ho anche fatta, sempre su Facebook: “Ma tutto questo rancore social per Calcutta? Che v’ha fatto?”. Di risposte poche, se non qualcuno che argomentava dicendo che artisti della scena metal, come i Parkway Drive, hanno dovuto annullare il concerto al Rock in Roma, quest’anno, per aver venduto solo 1.000 biglietti, e che quindi il popolo italiano è un ammasso “di pecoroni” che segue la moda. Ma non regge, per quanto io sia fan dei Parkway Drive (quanto ho sofferto per la data annullata) e non abbia mai ascoltato Calcutta. Viste la mancate risposte, una la provo a dare io: è l’invidia, credo. E li capisco, perché anche io invidio Calcutta, che quattro anni fa suonava con una chitarra scordata sugli stessi palchi dove io suono ancora adesso. Lui oggi è arrivato a riempire gli stadi. E sono contento di invidiarlo, perché se è arrivato a fare una cosa così grande, significa che se la merita tutta. Chapeau.

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