I Simpson dicono addio ad Apu: ma perché soltanto lui?

I Simpson dicono addio ad Apu: ma perché soltanto lui?

1280 720 Jacopo Peruzzo

Apu Nahasapeemapetilon, 28 anni di onorato servizio al Market Jet di Springfield, in uno stato indefinito degli Usa, è stato licenziato. A volerlo fuori dai giochi sono stati i suoi “connazionali”, la comunità indiana che lo ha accusato di essere uno stereotipo fuorviante dell’indiano in America. Una storia che dovrebbe far sorridere, ma che invece ci impone una riflessione, dopo una lacrima ovviamente. Per noi che siamo cresciuti con i Simpson è una perdita importante, quasi un lutto. Apu, da che mi ricordo, è sempre stato lì, nel suo Market Jet, a volte da figurante, altre da protagonista. Ed è stato un mix di saggezza, irriverenza, simpatia e anche profondità emotiva. Eppure oggi è diventato un personaggio “scomodo”.
Quello che è successo è ormai noto. Per 27 anni, dal 1990 e fino allo scorso anno, Apu non è mai stato un problema per i Simpson di Matt Groening. Anzi, è stato una soluzione per lo sviluppo narrativo di numerosi episodi, ma più in generale è stato parte integrante di quel roster di personaggi che da 30 anni rappresentano il lato più esilarante, ma soprattutto vero, dell’America.
Poi Apu è magicamente diventato un personaggio scomodo. A “licenziarlo” è stato un documentario dal titolo “Il problema con Apu”, diretto dal comico indiano Hari Kondabolu, dove ad essere preso di mira è principalmente il doppiatore dello storico personaggio dei Simpson, Hank Azaria, che viene definito come “un bianco che imita un uomo bianco mentre prende in giro mio padre”. Il concetto è semplice: non pesa il fatto che a doppiare Apu sia un “bianco”, come viene definito più volte nel documentario, ma che si tratti di “un bianco” che sta palesemente imitando lo stereotipo di un indiano immigrato in America. Da allora, il caos: la presenza di Apu e la sua rappresentazione della comunità indiana negli States ha creato un putiferio, costringendo la produzione prima a rivisitare il personaggio e poi, fallendo nel tentativo, a cancellarlo.

Ma perché proprio Apu?  Una domanda che sorge spontanea (e anche abbastanza scontata), visto che ogni singolo personaggio dei Simpson è lo stereotipo di qualcosa. Gli stessi Homer, Marge, Lisa e Bart sono la presa in giro dell’americano medio. Nonno Simpson? Lo stereotipo dell’anziano brontolone con problemi di memoria. E poi che dire degli ebrei? Lo stesso Matt Groening, che è ebreo, prende in giro la sua comunità, oltretutto con ben due personaggi: Krusty il Clown, che sfrutta la sua fede soltanto quando ha bisogno di tornare nella vetta dello star system e Boe il barista, ebreo e anche immigrato, che detesta sia gli ebrei che gli immigrati. E noi italiani dovremmo essere sconvolti, visto che tra lo chef Luigi Risotto e il criminale Tony Ciccione, il Bel Paese si riduce ad essere rappresentato dall’algoritmo “pizza-mafia-mandolino”. E ancora: il giardiniere Willy, lo scozzese che odia gli scozzesi; la comunità religiosa protestante è rappresentata dallo sfaticato reverendo Lovejoy che non sopporta neanche il più devoto Ned Flanders. La scuola è un disastro, composta da dirigenti incapaci e mammoni (il preside Skinner) e insegnanti che addirittura fumano in classe (come Edna Caprapal). E questi sono soltanto alcuni esempi, anche se il più calzante per descrivere l’irriverenza di Groening è il continuo prendersi gioco del canale Fox quale simbolo della “tv spazzatura”, nonostante sia proprio la Fox a sostenere i Simpson da 30 anni.

Torniamo alla domanda originale: perché proprio Apu? La risposta, in sintesi, sembra essere principalmente una: in 30 anni non è mai cambiato, è sempre rimasto lo stesso stereotipo di indiano immigrato in America, dove gestisce un market dato che probabilmente non può ambire ad altro. E oltretutto, in 30 anni passati in America, Apu ancora non sa parlare correttamente la lingua del Paese in cui vive (da qui il doppiatore “bianco che imita un bianco che scimmiotta un indiano”). Insomma, in 30 anni non è riuscito ad integrarsi, e sarebbe rimasto un emarginato della società americana, una minoranza. Immigrato era ed immigrato è rimasto. Una tesi che lascia un po’ titubanti, se si pensa che per noi saranno passati anche 30 anni, ma Lisa e Bart sono ancora dei bambini (e dovrebbero avere la mia età) e Nonno Simpson è ancora vivo. Per i Simpson il tempo si è fermato. Qualche personaggio si è sicuramente evoluto, ma gli stereotipi sono sempre rimasti quelli. Giustamente, aggiungerei: se la serie avesse sentito la necessità di aggiornare il suo essere uno “stereotipo che deride gli stereotipi”, lo avrebbe fatto sicuramente e ne avrebbe aggiunti altri. Ma la società americana, quella da prendere in giro, di base è rimasta sempre quella. L’italiano associato alla mafia e alla pizza, d’altronde, era attuale nel 1988 e lo è ancora oggi. La comunità indiana, invece, non ha digerito l’incapacità di adattamento di Apu, che andrebbe in contrasto con un processo di integrazione ormai consolidato. E al netto della lotta tra “perbenisti” e “radicali”, io posso dire soltanto una cosa: fino allo scorso anno Apu non è mai stato un problema per nessuno. Adesso è diventato un problema per molti e potrebbe essere cancellato dalla serie, anche se ancora si attendono notizie ufficiali. L’unica speranza, per chi vorrebbe vedere Apu ancora tra le fila dei Simpson è un tweet di Al Jean, che chiede di non parlare in nome della produzione della serie, senza però smentire nulla.

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