Parlare di Open Innovation, in Italia, non è più una novità. Sono ormai mesi – se non anni – che il termine rimbalza in tutte le sedi, tanto da iniziare a suonare familiare anche per i meno esperti del mondo dell’innovazione. Ma come ha fatto questo termine, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, a diventare di uso comune? Semplice: dietro alla nascita di questo nuovo trend che punta alla digitalizzazione, all’innovazione e soprattutto alla collaborazione tra le diverse realtà economiche locali, ci sono una serie di attori che hanno spinto affinché cambiasse il paradigma produttivo del territorio.
Tra questi attori c’è anche una giovanissima realtà associativa, nata in provincia di Latina nel pieno della seconda ondata del Covid, in un periodo storico dettato non solo dall’emergenza sanitaria, ma anche da un clima in cui la fiducia nel futuro sembrava crollare. Ecco, è in questo periodo “buio” che alcuni giovani pontini si sono rimboccati le maniche e hanno creato una realtà no profit, il cui scopo è quello di far rialzare la testa al territorio e a chi lo vive.
Questa realtà si chiama Exo Latina, e l’abbiamo potuta conoscere recentemente grazie ad un “contest”, ospitato all’interno dei giardini del Comune del capoluogo laziale, dove alcuni giovani hanno proposto le loro idee di start up o di iniziative sociali e culturali. Il tutto confezionato attraverso i cosiddetti Elevator Pitch, ossia “conversazioni da ascensore”, il cui scopo è quello di ricreare un contesto in cui un giovane doveva riuscire a convincere uno stakeholder della validità del proprio progetto in pochissimi minuti, il tempo di un viaggio in ascensore, per l’appunto.

Ma qual è il vero obiettivo che Exo Latina si è posta e tutt’ora si pone? A raccontarlo è Lorenzo Di Filippo, presidente della Odv, la cui sfida principale è quella di combattere la cosiddetta “fuga di cervelli” e ricreare una condizione in cui le competenze locali possano incontrare un terreno fertile in cui svilupparsi. Anzi, Exo Latina punta più in alto: pensa alla città come un vero e proprio cluster dell’innovazione, un ecosistema dove giovani con idee innovative possano trovare spazi per svilupparle e opportunità di lavoro qualificato.

Cosa che, però, attualmente risulta impossibile: «Il nostro lavoro è iniziato con un’analisi sulle condizioni e sulle opportunità offerte dal nostro territorio – spiega Di Filippo – e purtroppo, almeno nell’immediato, Latina non concede spazio ai giovani, se non in settori specifici quali il chimico farmaceutico». Ma c’è una soluzione, che per essere attuata necessita di una progettazione importante: «La fotografia scattata dalla nostra indagine ci pone davanti una sfida, ossia la realizzazione di un progetto a lungo termine, che possa rendere la provincia un territorio competitivo e appetibile, capace addirittura di attrarre competenze esterne al territorio». Ed è per questo che l’associazione si è posta l’obiettivo di comprendere con un approccio basato sui dati quali siano i punti di forza ed i punti critici del territorio e di informare su questi, oltre che di elaborare proposte grazie ad un personale think-tank.

Così, con eventi come quello dei giorni scorsi, dove hanno partecipato anche il ceo LiFi Francesco Paolo Russo e il ceo Icap e già presidente Unindustria Latina Paolo Marini, e che ha visto in giuria il sindaco Damiano Coletta, Arianna Borrelli del Forum dei Giovani e stakeholder quali Leonardo Valle e Stefano De Rosa ed infine il vice presidente della Odv Francesco Pappone, Exo Latina dimostra di essere pronta a nuove sfide. «Menziono due esempi tra le varie iniziative che stiamo programmando – conclude Di Filippo – In primis abbiamo in programma di utilizzare il network che si sta creando attorno ad Exo per andare nelle scuole, nelle università del territorio per mostrare ai giovani che ci sono realtà che stanno investendo su un modello ambizioso per il territorio e che possono aiutarli a trasformare le proprie idee in start-up o progetti a sfondo sociale. Una seconda linea di azione sarà una collaborazione che stiamo strutturando con l’università americana St. John’s University per offrire opportunità di formazione e lavorative ai ragazzi del territorio e per importare anche da noi alcune best practices».
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